L’enigma del “doppio frontone” del Pantheon romano

pantheon-01.jpgNon tutti sanno che il Pantheon, il tempio romano dedicato a tutti gli dei dell’Olimpo, è oggetto di un enigma che archeologi e storici dell’arte non sono riusciti ancora a spiegare.

Quanti in piazza del Pantheon, oltre che al “più grandioso, più significativo e meglio conservato” dei monumenti romani antichi (lo diceva Armando Ravaglioli), dedicano un’occhiata ai muri degli edifici, o alla sua sommità? 

Ci sono almeno tre lapidi, che definire eloquenti è poco; e spesso, queste piccole tavole in marmo raccontano incisa la storia di una città: solo nel Centro storico, se ne contano oltre novecento.

In piazza, si vede poi il segno perfino d’un clamoroso errore degli architetti antichi. Il dettaglio che rivela l’errore è proprio sopra il pronao dell’edificio dell’anno 27 avanti Cristo (che noi vediamo ricostruito da Adriano), dietro al timpano triangolare.

Dalla piazza, con qualche fatica per quanto è in alto ed anche nascosto dal frontone (alla cui base è la dicitura in cui se ne ricorda l’autore: Marco Vipsanio Agrippa, genero dell’imperatore Augusto), si può anche apprezzare l’errore di un’epoca e di architetti antichi. Il Pantheon, dietro il pronao, mostra le tracce di un altro frontone, più elevato dell’attuale.

Il grande timpano triangolare, ora disadorno, in origine doveva essere decorato da fregi in bronzo che  furono quasi certamente asportati all’epoca delle invasioni barbariche: la disposizione dei fori ora visibili usati per ancorare le decorazioni ha suggerito agli esperti che il fregio stesso potesse raffigurare un’aquila ad ali spiegate che tiene nel becco una corona di quercia, simbolo di potere.

Ma sulla facciata del Pantheon si nota un secondo frontone triangolare in laterizio esattamente identico a quello del pronao ma più alto di quasi 3 metri: il vertice, come bene evidenzia l’immagine sotto, sfiora la cornice superiore del tamburo.

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La differenza di livello tra i due frontoni ha fatto ipotizzare che forse il progetto originale  prevedeva un pronao più alto e più imponente con un effetto prospettico più sarebbe stato più equilibrato e gradevole con colonne molto più alte di quelle attuali. Si sono formulate due ipotesi.

La prima: le cave egiziane di Assuan, che fornivamo il il granito non erano in grado di fornire fusti monolitici di tali eccezionali dimensioni. La seconda più  teorizza invece la possibilità di un errore: furono spedite colonne più basse. Quindi, per l’impossibilità (o mancando il tempo) di procurarsi quelle adatte, i costruttori risolsero il problema semplicemente abbassando l’altezza del pronao.

“Era il progetto originario; però, non furono trovate colonne sufficientemente alte; e quindi, la facciata del monumento fu ridotto di misura”, spiega l’archeologo Andrea Carandini. Per questo, il tempio, che ci appare come dovrebbero averlo visto alla loro epoca i Romani,  è probabilmente il solo che vanti una tale eclatante singolarità.

“Il Pantheon forse si trova sul luogo dove i Romani credevano che Romolo fosse stato divinizzato”, dice Paolo Carafa, docente alla Sapienza. Il mito ha due varianti: la morte in Senato, o la sparizione in Campo Marzio, quindi dove si trova il Pantheon, durante una tempesta. Supportano la tesi di Carafa indizi intriganti: un bassorilievo e un racconto di Svetonio, che indicano e parlano proprio di questo tempio.

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Augusto, insomma, si fa divinizzare come il fondatore; e per questo costruisce una singolare “unità di luogo”: il tempio, con il progetto che poi deve essere variato. Nelle città è opportuno vagare con gli occhi in alto: si scoprono parecchi dettagli. Roma ne è piena; forse aveva proprio ragione Nibby: per un itinerario completo, serve una vita. O forse, nemmeno: un conoscitore come Silvio Negro ha infatti intitolato, nel 1962, un libro sulla città Roma, non basta una vita.

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Il Pantheon è il monumento romano che vanta il maggior numero di primati: è il meglio conservato, ha la cupola in muratura più grande di tutta la storia dell’architettura, è considerato l’antesignano di tutti moderni luoghi di culto, ed è stata l’opera dell’antichità più copiata ed imitata. Michelangelo la considerava opera di angeli e non di uomini.

Il punto in cui sorge non è casuale ma è un luogo leggendario della storia della città. Secondo una leggenda romana, infatti, questo era il posto dove il fondatore di Roma, Romolo, alla sua morte fu afferrato da un’aquila e portato in cielo fra gli dei. Ma a che cosa serviva e cosa indica il suo nome?

Il nome deriva da due parole greche: pan, “tutto” e theon “divino”, in origine infatti il Pantheon era un piccolo tempio dedicato a tutte le divinità romane. Fatto erigere tra il 27 e il 25 a.C. dal console Agrippa, prefetto dell’imperatore Augusto, l’edificio attuale è opera di successive e imponenti ristrutturazioni.

Domiziano nell’80 d.c, lo ricostruì dopo un incendio, trent’anni dopo colpito da un fulmine prese nuovamente fuoco. Fu allora ricostruito nella sua forma attuale dall’imperatore Adriano, sotto il cui regno l’impero di Roma raggiunse il culmine del suo splendore, ed è probabile che la struttura attuale sia frutto proprio del suo genio eclettico dai gusti esotici. Infatti, il Pantheon unisce ad una struttura cilindrica, di chiaro stampo romano, lo splendido colonnato esterno d’ispirazione greca.

Benché la nuova struttura risultasse molto diversa da quella originale l’imperatore Adriano volle che sulla facciata fosse apposta un’iscrizione latina che tradotta significa “Lo costruì Marco Agrippa, figlio di Lucio, console per la terza volta”.

L’enigma del “doppio frontone” del Pantheon romanoultima modifica: 2013-03-17T08:09:00+01:00da admin
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