Cosa accadrebbe se entrassimo in contatto con una civiltà aliena? Ecco i protocolli per il “Primo Contatto”

primo-contatto-01.jpgPer quanto ne sappiamo oggi, siamo soli nell’universo. La Terra è l’unico pianeta noto ad essere abitato dalla vita, e noi umani, siamo gli unici esseri intelligenti che conosciamo.

Per il momento, le civiltà aliene sono relegate nel regno della finzione fantascientifica, e gli avvistamenti UFO, spesso non sono altro che falsi allarmi o eventi che, benché di origine naturale, non hanno una spiegazione nota.

Ma ciò non significa che la vita aliena non possa essere reale. Gli scienziati stanno prendendo sempre più sul serio questa possibilità e sono alla ricerca della vita al di fuori del nostro pianeta.

“Ormai tutta la comunità scientifica sospetta che ci potrebbe essere la vita là fuori”, dice Mary Voytek, astrobiologa della Nasa. “Credo che la questione di fondo riguardi la domanda: siamo soli?”. Cosa succederebbe se la risposta a questa domanda fosse no? E se finalmente scoprissimo che non siamo soli? Che ci crediate o no, esiste un piano.

Innanzitutto bisogna considerare che il Primo Contatto con una civiltà aliena possa avvenire in due maniere differenti: o attraverso una comunicazione radio inviata a Terra, oppure con un incontro del  “Terzo Tipo”, cioè l’atterraggio di un’astronave aliena sulla superficie terrestre.

In entrambi i casi, il mondo non sarebbe più lo stesso e la nostra percezione della vita e dell’universo verrebbe modificata dalla sera alla mattina. Eppure, si tratta di due scenari molto differenti che richiedono protocolli d’intervento specifici per ciascuna possibilità. Vediamo nel dettaglio.

 

Ricezione di un segnale alieno intelligente

primo-contatto-Jill-Tarter03.jpgIl SETI è l’unica organizzazione al mondo ad avere un protocollo d’azione in caso di ricezione di un segnale alieno intelligente.

Esiste una vera e propria task force denominata Post-Detection Taskgroup, con il compito preciso di valutare, e possibilmente decifrare, un possibile radiomessaggio alieno.

“Sì, abbiamo un piano: si comincia con lo champagne”, scherza Jill Tarter, direttore del Centro per la ricerca SETI e figura ispiratrice del personaggio interpretato da Jodie Foster nel film Contact.

Il primo passo, secondo il protocollo del SETI, è quello di verificare il segnale attraverso la conferma indipendente di un altro osservatorio, utilizzando attrezzature e software differenti. “Siamo un bersaglio molto interessante per le bufale”, osserva la Tarter.

Se il segnale supera questa prova, che potrebbe richiedere giorni, e se viene valutato dal Taskgroup come un segnale prodotto da una sorgente artificiale, il primo ad esserne informato sarebbe il Segretario delle Nazioni Unite, le quali hanno un piccolo ufficio a Vienna chiamato United Nations Office for Outer Space Affairs (UNOOSA – Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari dello spazio extra-atmosferico).

In verità, gli scienziati del SETI, nel corso degli anni, hanno fatto tutto il possibile per cercare di collaborare con l’UNOOSA alla realizzazione di un protocollo di azione in caso di contatto alieno, ma con scarso successo. Al momento, infatti, se i burocrati dell’Ufficio per gli affari spaziali delle nazioni unite dovessero ricevere una segnalazione da parte del SETI, non saprebbero quali azioni successive dovrebbero intraprendere.

Ad ogni modo, dopo aver avvertito le Nazioni Unite, gli scienziati del SETI comunicherebbero la loro scoperta all’intera comunità scientifica internazionale, per poi comunicare la grande notizia al mondo intero, indicendo, probabilmente, una conferenza stampa.

Dopo le comunicazioni ufficiali, rientrerebbe in gioco il Post-Detection Taskgroup sotto la guida di Paul Davies, fisico all’Arizona State University, con il preciso compito di provare la decodifica del messaggio, impresa che potrebbe richiedere anni, se non addirittura decenni.

 

Ma cosa potrebbero comunicare?

“Potrebbe essere solo un faro, senza dire nulla di più di: “Salve, terrestri, noi siamo qui”, spiega il prof. Davies. “Oppure potrebbe contenere qualcosa di assolutamente dirompente e rivoluzionario, qualcosa di semplice come il modo per ottenere il controllo sul processo di fusione nucleare, risolvendo definitivamente la crisi energetica mondiale”.

Al SETI, comunque, tutti sono certi di una cosa: se arrivasse un messaggio da una civiltà aliena, l’umanità ha il dovere di rispondere. Ma cosa dire e come dire, risulta essere un problema spinoso.

Alcuni scienziati sostengono che il SETI, una volta capito dove inviare il segnale, potrebbe anche solo inviare il contenuto dell’intera Internet, in modo da offrire agli alieni numerose informazioni utili per capire il nostro linguaggio e capire cosa significhi essere umani.

Ma qualunque eventuale messaggio dovrà essere frutto di un consenso internazionale. “Forse, più importante che comunicare con gli extraterrerestri, questa intera impresa ci darebbe un’occasione per riflettere su noi stessi e sul significato del nostro essere umani”, conclude Davies.

 

Atterraggio di un’astronave aliena sulla Terra

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Bisogna fare una premessa: in realtà, nessun governo del mondo ha un piano ufficiale in caso di atterraggio di una astronave aliena sulla Terra. Questa “svista” è stata recentemente criticata durante una riunione della Royal Society di Londra.

Molti dei membri dell’associazione sono preoccupati che qualche governo possa prendere l’iniziativa e rispondere ad un eventuale primo contatto lasciandosi guidare dall’improvvisazione e causando un incidente diplomatico di proporzioni galattiche.

Secondo gli scienziati inglesi, qualsiasi iniziativa e azione deve essere proposta e votata nell’ambito delle Nazioni Unite. Si tratta di decisioni che dobbiamo prendere come Pianeta! Ma cosa aspettarsi da un contatto extraterrestre. Gli scenari prevedono tre tipi di potenziali contatti, che richiedono una specifica pianificazione: pacifica, neutra, ostile.

Nel primo caso, ci si potrebbe imbattere in alieni desiderosi di conoscenza, esploratori, in viaggio sulla Terra per ampliare le loro conoscenze dell’universo. Nel secondo caso, la neutralità, potremmo imbatterci con esseri talmente differenti da noi, da essere impossibilitati ad entrare in relazione con loro. Ad ogni modo, sia nel primo che nel secondo caso, sulla Terra potremmo stappare lo champagne.

Il terzo scenario, potrebbe essere fonte di qualche preoccupazione in più per l’umanità. Premesso che ci sono almeno 5 motivi per i quali non dobbiamo temere un contatto extraterrestre, non possiamo nemmeno del tutto escludere un comportamento ostile da parte dei visitatori. Ecco cosa potrebbe accadere…

 

12 ore prima del contatto

Il mondo, come ogni giorno, svolge le sue attività quotidiane. Ma un osservatorio astronomico remoto, segnala una misteriosa anomalia nello spazio. Sembra trattarsi di qualcosa di insolitamente grande e pare si stia avvicinando alla Terra. Gli esperti sono perplessi e non sono sicuri sul da farsi. Per essere sicuri, chiedono una conferma dagli altri osservatori planetari.

 

8 ore prima del contatto

primo-contatto-Jill-Tarter04.jpgGli astronomi si precipitano ad analizzare l’oggetto che ora si trova a soli 8 mila chilometri dalla Terra (più vicino di quanto non sia la luna). L’oggetto si sta inserendo in orbita senza preavviso. A questo punto, i militari entrano in azione.

La US Space Command utilizza i sistemi globali di localizzazione satellitare, telescopi e radar per reperire quante più informazioni possibile sull’oggetto in avvicinamento. Le analisi confermano che l’oggetto non è naturale.

 

2 ore prima del contatto

Alla US Space Command arriva la conferma definitiva da parte degli astronomi: l’oggetto in arrivo è un veicolo spaziale in volo controllato: si tratta di un’astronave aliena! Il passo successivo è quello di cercare di stabilire un contatto radio: l’Ufficio delle Nazioni Unite, UNOOSA, redige rapidamente un messaggio semplice da inviare al veicolo spaziale.

Il messaggio viene trasmesso contemporaneamente nelle lingue più parlate al mondo: cinese mandarino, spagnolo, inglese, arabo e hindi. Ma gli astronomi non ricevono nessuna risposta alla comunicazione inviata da Terra. La US Space Command insiste inviando messaggi nel linguaggio universale della matematica, trasmettendo una sequenza di numeri primi.

 

Contatto

Mentre il vascello alieno si avvicina alla superficie terrestre, gli schermi televisivi diventano bianchi, i flussi di dati interrotti e le comunicazioni cessano improvvisamente. E’ impossibile utilizzare il cellulare e ogni segnale radio è inibito. Tutti i satelliti della Terra smettono di funzionare: gli alieni hanno compromesso ogni possibilità di comunicazione. Solo i telescopi ottici continuano a ricevere informazioni.

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3 ore dopo il contatto

I militari si preparano al peggio. Squadroni di F-18, gli aerei più efficaci e versatili del pianeta, si alzano in volo. Ma l’avanzata tecnologia aliena, che permette agli extraterrestri di viaggiare attraverso le immense distanze cosmiche, elude facilmente i tentativi di attacco da parte degli F-18, che continua a sparare missili che viaggiano a due volte la velocità del suono.

Nel frattempo, i militari cercano di intercettare e decifrare le comunicazioni aliene. L’idea potrebbe essere quella di compromettere i sistemi informatici alieni con un cyber-attacco da Terra. Ma un’azione del genere richiede tempo. Tra l’altro, la US Air Force, in un disperato tentativo di reazione, mette in campo alcune tecnologie sperimentali altamente classificate, come l’X-37B spacefighter, ma senza successo.

 

5 ore dopo il contatto

Mentre tutte le nazioni del mondo uniscono e coordinano i loro sforzi bellici contro gli invasori, gli occupanti alieni colpiscono gli obiettivi militari sensibili di tutto il mondo, prima di intraprendere l’attacco delle città e delle infrastrutture civili. L’unica speranza per l’umanità viene individuata nelle armi nucleari.

Da qualche parte nell’Oceano Atlantico, un sottomarino, il Trident II, lancia un missile balistico corredato da una testata nucleare con 3,5 megatonnellate di potere distruttivo. Una volta lanciato, il missile di divide in otto sottomissili autoguidati. Ma l’arma più potente della Terra non ha nessun impatto sull’astronave degli invasori. Il comando militare mondiale ordina una ritirata strategica.

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24 ore dopo il contatto

primo-contatto-07.jpgL’attacco alieno è terminato. Gli invasori controllano i cieli e la terra. Viene ordinata l’evacuazione delle grandi città. Prese dal panico, le folle disperate diventano folle in rivolta.

Non esistono mezzi di trasporto per aiutare le persone a lasciare le città. Per alcuni, l’unica via di salvezza contro la distruzione aliena è la fuga nel sottosuolo: i tunnel della metropolitana e le fogne offrono un riparo provvisorio dalla città in fiamme.

Secondo gli esperti, la distruzione della civiltà deve essere messa in conto quando si elabora una strategia per combattere una eventuale invasione aliena. Sebbene la sconfitta militare è alquanto prevedibile, essa non segna la fine della guerra. Tra i terrestri sopravvissuti, nascosti nelle grotte, nelle foreste e nei deserti, cresce il seme della resistenza.

 

6 settimane dopo il contatto

Con le città distrutte, i superstiti umani sono in fuga. Il caos urbano e l’evacuazione fallita hanno ucciso migliaia di persone solo nel primo giorno. Il reperimento di cibo in scatola, acqua pulita, torce elettriche, batterie e coltelli diventa vitale. Ma la vera chiave di sopravvivenza a lungo termine è fare gruppo con gli altri.

Alcuni sopravvissuti conservano ciò che resta della tecnologia umana, semplici dispositivi di collegamento: walkie-talkie, radioline e vecchie linee del telegrafo.

 

6 mesi dopo il contatto

I sopravvissuti combattono gli alieni con tattiche di guerriglia urbana a bassa tecnologia e piccoli esplosivi. Le forze aliene si sono avventurate troppo lontano da casa e non possono contare sull’arrivo di rinforzi, il che significa che ogni unità persa non verrà sostituita. Si tratta di una debolezza critica.

Nuovi batteri e malattie si sviluppano tra i sopravvissuti sprovvisti di antibiotici e altri farmaci: ma paradossalmente, diventano una nuova arma in possesso dell’umanità. Un’unità di guerra batteriologica si prepara a diffondere un agente patogeno mortale tra gli invasori.

 

9 mesi dopo il contatto

Gli alieni sono costretti alla ritirata per le enormi perdite subite. Una vittoria dell’uomo sulla tecnologia aliena. Il successo, più che da tattiche e armi, è stato determinato dallo Spirito Umano, che si è evoluto in oltre 200 mila anni.

E’ l’alba di una nuova era per l’umanità, intenzionata a ricostruire la civiltà terrestre su basi nuove di  conoscenza. La consapevolezza di non essere soli nell’Universo spingerà i terrestri non più a muoversi come singole nazioni, ma ad agire come un’Umanità, l’Umanità delle Terra.

Cosa accadrebbe se entrassimo in contatto con una civiltà aliena? Ecco i protocolli per il “Primo Contatto”ultima modifica: 2013-06-11T18:07:33+02:00da admin
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