La Cina si ‘compra’ la Costa Rica per 1,5 miliardi di dollari

cina-costa-rica-01.jpgContinua senza sosta lo ‘shopping’ coloniale della Cina. Dopo l’Africa, a far gola alla famelica tigre asiatica sono i paesi del Sud America, in particolare la Costa Rica.

Il prezzo d’acquisto concordato tra Xi Jinping, il presidente cinese, e Laura Chinchilla Miranda è stato di 1,5 miliardi di dollari.

L’accordo tra i due capi di stato prevede nove accordi di cooperazione che fornirà alla Costa Rica le risorse per migliorare strade, trasporto pubblico, installazione di pannelli solari e la costruzione di una nuova scuola di polizia.

La Cina offrirà tutto questo in cambio dello sfruttamento della raffineria petrolifera di Porto Limon, un vecchio impianto che attualmente raffina circa 18000 mila barili di greggio, ma che con la ristrutturazione cinese potrebbe arrivare a 65000.

L’accordo prevede anche la ratificazione del protocollo sanitario della Costa Rica che consentirà l’esportazione di carne di maiale in Cina. Inoltre, Dos Pinos, uno dei più grande produttori caseari del paese sudamericano ha annunciato che grazie al protocollo sarà possibile aumentare sensibilmente l’esportazione di latte fresco e pastorizzato.

In ultimo, la presidente costaricana ha annunciato procedure più flessibili per il rilascio dei visti a favore dei cittadini cinesi in viaggio per la Costa Rica, per aumentare il numero dei turisti provenienti dalla Cina.

La Cina conta più di 100 milioni di turisti che viaggiano ogni anno in tutto il mondo e se la Costa Rica riuscisse a portare almeno 500 mila di questi nei propri confini, le strutture alberghiere vedrebbero un incremento del 25% delle visite annuali.

Non solo. Il ministro degli esteri Enrique Castillo ha spiegato che le procedure necessarie per il trasferimento definitivo di cittadini cinesi in Costa Rica per motivi di lavoro saranno rese molto più rapide grazie ad uno snellimento della burocrazie nei consolati di Pechino e Shanghai.

Insomma, un progetto di ampio respiro che però non convince buona parte degli osservatori nazionali e internazionali. Come scrive il Costarican Times, l’impressione è che la presidente Chinchilla Miranda abbia venduto l’anima della Costa Rica al ‘diavolo’ cinese.

Non è mistero che la Cina sia impegnata in un’accorata campagna acquisti che dovrebbe consentirgli una sopravvivenza serena nei prossimi decenni. Grazie all’enorme liquida accumulata negli ultimi anni, la Cina ha inaugurato un nuovo tipo di ‘colonialismo’, non basato sulla conquista armata dei territori che interessano, ma acquistandoli.

A far gola alla Cina sono sopratutto il petrolio, necessario per sostenere l’elevato tasso di sviluppo dell’economia della ‘Tigre Asiatica’, e terra, tanta terra, ovvero spazio vitale per consentire la moltiplicazione dell’etnia asiatica.

Tra i recenti acquisti territoriali della Cina c’è l’Angola, Africa, dove gli imprenditori cinesi stanno costruendo vere e proprie città nel deserto già predisposte ad ospitare orde di emigranti cinesi in cerca di fortuna.

Come riporta il Daily Mail, numerose “Chinatown” stanno nascendo in tutta l’Africa, dalla Nigeria alla Guinea equatoriale, nel Ciad, nel Sudan, ma anche in Zambia, Zimbawe e Mozambico. Insomma, la Cina considera il continente nero un investimento cruciale per il futuro, stringendo una vera e propria morsa sul continente dal sapore “neocoloniale” che in futuro potrebbe fare dell’Africa un continente satellite.

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Ma la Costa Rica ha la raffineria di Puerto Limon, impianto di proprietà della Recope, che fa gola alla famelica tigre.

La Recope iniziò la costruzione del suo impianto per la raffinazione del petrolio nel 1963, nel sito di Moín (in provincia di Limón, nell’est del paese) e quattro anni più tardi questo venne completato.

L’opera venne accompagnata dalla costruzione di un oleodotto che mette in collegamento la raffineria a San José, attraverso il terminale di distribuzione di Ochomogo.

La capacità di raffinamento è pari a 18000 barili giornalieri, ma nelle intenzioni della Cina questo numero è destinato ad arrivare a 65000.

Questo è il dato che più preoccupa i detrattori dell’accordo, dato che il governo della Costa Rica, a dispetto di quanto aveva annunciato nel suo programma, ha tutt’altro che un anima ‘verde’.

L’aumento della produzione di benzina potrebbe avere conseguenze disastrose sull’ecosistema costaricano, dato che significherebbe un aumento notevoli di navi in transito da e per la Cina. Quali sarebbero le conseguenze di una fuoriuscita di greggio a seguito di un incidente ad una di queste navi petroliere? I turisti cinesi vorrebbero ancora soggiornare sulle spiagge costaricane insozzate da petrolio?

Ma le critiche vengono dai politici di opposizione, secondo i quali sarebbe stato più saggio investire nella ricerca di fonti di energie alternative, piuttosto che incrementare la produzione di carburanti di origine fossile e aprire le porte ad un ‘socio’ particolarmente famelico come la Cina.

Ma il governo si difende: l’accordo porterà ricchezza e prosperità alla Costa Rica e se ci dovesse essere una fuoriuscita di greggio, vorrà dire che i turisti verranno dirottati sulla costa che affaccia sull’Oceano Pacifico!

Il pragmatismo e il cinismo di questa classe dirigente è davvero terrificante. Ma in fin dei conti, cosa è mai il benessere dei cittadini e dell’ambiente rispetto al profitto e al successo: come afferma malignamente il Costarican Times, anche la Chinchilla Miranda, come alcuni degli ex presidenti della Costa Rica, riceverà alla fine del suo mandato una bella villa per il pensionamento, acquistata e finanziata dalla Cina.

La Cina si ‘compra’ la Costa Rica per 1,5 miliardi di dollariultima modifica: 2013-06-09T17:07:00+02:00da admin
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