Le simulazioni dei terremoti spesso si basano sulla messa a contatto di due superfici rocciose che vengono sottoposte a stress fino a superarne la resistenza, determinando una frattura delle rocce secondo la modalità nota come stick-slip, in cui le due superfici a contatto sono alternativamente in quiete o in moto l’una rispetto all’altra.
Questi eventi producono solitamente spostamenti inferiori di alcuni ordini di grandezza rispetto ai sismi di dimensioni maggiori. Per questo, non si è ancora riusciti a chiarire se questi modelli simulati siano effettivamente rappresentativi della fisica dei grandi terremoti.
Jefferson Chang e colleghi invece hanno usato un apparato che, ruotando, immagazzina energia cinetica in un enorme volano. Questa energia viene trasferita in modo improvviso a un campione di roccia di forma discoidale, e il trasferimento continua finché tutta l’energia viene dissipata.
Cambiando la velocità di rotazione del volano, la quantità di energia cinetica trasferita alla faglia simulata – costituita da granito bianco della Sierra Nevada o da dolomie di Kasota (rocce caratteristiche dello stato del Minnesota) – può essere variata di circa sei ordini di grandezza, producendo una serie di scorrimenti che vanno da 0,003 a 4,6 metri, corrispondenti a una magnitudo del momento sismico variabile tra 4 e 8 rispetto al range di dislocazione della faglia.
A dare plausibilità al modello vi è il fatto che la relazione di potenza tra input di energia e dislocazione è simile a quella riscontrata nei terremoti naturali. I ricercatori inoltre hanno dimostrato che è possibile usare alcuni parametri, come dislocazione, velocità e magnitudo per energia di frattura, per stimare l’intensità del rilascio di energia durante un sisma. [Fonte].