I misteri di Marte – Tracce antiche di vita e di civiltà – Seconda Parte

misteri-di-marte-01.jpgLa scienza non ha ancora spiegato come, perché, quando e dove la vita comparve per la prima volta. Ebbe inizio sulla Terra? E soltanto una possibilità. Risultò forse da una combinazione casuale di molecole nel «brodo primordiale»?

Anche questa è soltanto un’ipotesi, così come lo è la concezione opposta, ossia che si tratti dell’opera di un creatore. La verità pura e semplice, come hanno riconosciuto i biologi Stanley Miller e Leslie Orgel, è che «non sappiamo come incominciò la vita».

In ogni caso, tutti sono concordi su alcuni punti fondamentali. Il più importante è che «la scoperta di acqua allo stato liquido è l’indizio essenziale della presenza di vita». Secondo gli scienziati l’acqua, in quanto solvente inerte, «è fondamentale per il ciclo biochimico. Szent-Gyorgyi l’ha definita ‘matrice di vita’. In assenza d’acqua non può esserci vita né può aver inizio l’evoluzione darwiniana».

Nel regno di una scienza in cui le certezze sono poche, anche questa non è altro che una possibilità. Ciò nonostante, è un’opinione che proviene da una fonte attendibile e non abbiamo motivo di supporre che sia errata. Fino a quando, dunque, non emergerà una nuova prova che dimostri il contrario, e poiché sappiamo che vale per il nostro pianeta, sembra sensato riconoscere che l’acqua è probabilmente una pre-condizione necessaria per la nascita della vita in qualsiasi punto dell’universo.

Oggi su Marte non c’è vita, e il pianeta appare irrimediabilmente prosciugato e freddo, con una temperatura media di -23 gradi centigradi. Non c’è acqua allo stato liquido, ma soltanto acqua gelata sotto forma di ghiaccio. In effetti, con un clima di questo genere, l’acqua non può mantenersi allo stato liquido sulla superficie se non nei soli mesi dell’estate marziana, come è stato rilevato di recente dalla sonda MRO della Nasa. È stato dunque sconcertante scoprire, da quando è incominciata l’era dell’esplorazione dello spazio con astronavi che rimandavano fotografie dettagliate, che buona parte del pianeta mostra inconfondibili prove di antichi oceani, laghi e fiumi, di piogge copiose e di catastrofiche, gigantesche inondazioni che un tempo ne ripulirono radicalmente la superficie.

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Ghiaccio, dune e tempeste

Anche nelle condizioni più favorevoli, l’osservazione al telescopio di Marte può dare risultati fuorvianti. All’inizio della primavera, quando le calotte polari incominciano a sciogliersi, ai loro margini compare un oscuramento diffuso della superficie, che poi gradatamente si allontana spostandosi verso l’equatore e attraversandolo con una striscia netta che crea un forte contrasto; infine si dissolve nell’emisfero opposto. Le onde, una in ciascun emisfero, viaggiano a una velocità apparente di 35 chilometri circa al giorno. La calotta polare meridionale di Marte, nel punto della sua massima estensione, si spinge tanto verso l’equatore quanto 50 gradi a sud. La calotta settentrionale si estende a una latitudine di 65 gradi nord, e molto più lontano rispetto all’equatore.

Misurando gli «spettri di riflessione» delle calotte, gli scienziati hanno scoperto in che cosa consistono. La calotta meridionale, di gran lunga la più fredda delle due, è fatta interamente di biossido di carbonio ghiacciato. La calotta settentrionale contiene quantità variabili di biossido di carbonio ghiacciato e mantiene invece un residuo permanente, pari a un’estensione di circa mille chilometri, di acqua pura allo stato di ghiaccio. Si ritiene che questa sia «la più grande riserva di acqua disponibile del pianeta».

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Attorno ai ghiacci polari e anche sotto, praticamente invisibili, ci sono quelli che i geologi definiscono «estesi depositi stratificati». Si ritiene che siano stati portati dal vento, e appaiono attraversati da strette, sinuose vallate, e circoscritti dal più vasto deserto di dune di sabbia, o «erg», esistente nel sistema solare: «questo erg (vedi immagine) forma una striscia di sabbia soffiata dal vento tutto attorno alla calotta polare situata a nord. In questa regione le dune sono spettacolari per la loro regolarità che continua ininterrotta per centinaia di chilometri».

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Di tanto in tanto sulla superficie di Marte si risvegliano spaventose tempeste. Per motivi non ancora chiariti, simili tempeste sono solitamente precedute da un periodo di improvvisa turbolenza locale in certe zone particolarmente predisposte dell’emisfero meridionale e, in quei casi, incredibili quantità di polvere vengono sollevate dalla superficie fino a un’altezza di diecimila metri nell’atmosfera. Venti impetuosi trascinano poi la polvere in ogni punto del pianeta, oscurandone rapidamente l’intera superficie. Infine, l’intensità della tempesta inizia a diminuire e nel giro di qualche settimana l’atmosfera si normalizza.

Caratteristiche straordinarie della superfìcie

Mentre la Terra è fatta di morbide linee curve, Marte è un pianeta dalle estremità frastagliate. Le sue valli sono le più basse del sistema solare, i suoi canyon i più profondi, i suoi vulcani i più alti. In mancanza del livello del mare, gli scienziati fanno riferimento, per stabilire le altitudini e le profondità di Marte, a un arbitrario «livello dato». La sommità del gigantesco monte Olympus, di origine vulcanica, che si trova a 27.000 metri sopra il livello dato, è il punto più alto del pianeta, mentre il fondo del sistema di canyon conosciuto come Valles Marineris, a 7000 metri sotto il «livello dato», è il punto più basso.

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Il monte Olympus sembra una visione tratta da un libro di fiabe sinistre. Dai geologi è classificato come un «vulcano a scudo» e consiste in una crosta circolare di lava, con un diametro di 700 chilometri, che culmina in un cratere del diametro di 80 chilometri. Il margine esterno della crosta di lava, una circonferenza di quasi 5000 chilometri, è tracciato da scogliere a picco sulle pianure circostanti che si trovano 6000 metri al di sotto.

A sud-ovest del monte Olympus si trova il rigonfiamento di Elysium, un’immensa area di terreni elevati sovrastata da tre vulcani. Il più alto, il monte Elysium, raggiunge i 9000 metri al di sopra delle pianure circostanti. A sud-est del monte Olympus, a una distanza di 1600 chilometri, incomincia un’estensione ancora più ampia di terreni ondulati. Nota come rigonfiamento di Tharsis, raggiunge i 10.000 metri sopra il livello dato e si estende per oltre 4000 chilometri da nord a sud e 3000 chilometri da est a ovest – più o meno le dimensioni dell’Africa a sud del fiume Congo.

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Anche questa regione è sovrastata da tre giganteschi vulcani a scudo – Arsia, Pavonis e Ascraeus – che nel complesso sono noti come i monti Tharsis.19 Allineati lungo la dorsale del rigonfiamento di Tharsis, i loro picchi raggiungono i 20.000 metri sopra il livello dato e rimangono sempre visibili dall’astronave, anche durante le più intense tempeste marziane di sabbia.

Sul margine orientale del rigonfiamento di Tharsis Marte sembra esser stato spaccato da un cataclisma. In mezzo a un bizzarro insieme di canyon che si intersecano tra loro e di depressioni note con il nome di Labyrinthus Noctis, un profondissimo solco ad anse si apre nella superficie del pianeta e si allunga verso est -quasi parallelo all’equatore ma tra i 5 e i 20 gradi più a sud – per 4500 chilometri.

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 Si tratta delle Valles Marineris. Prendono il nome dal Mariner 9, la prima astronave che le fotografò, e sono profonde 7000 metri, con una larghezza massima di più di 200 chilometri. In confronto al Grand Canyon americano, dunque, sono quattro volte più profonde, sei volte più larghe e dieci volte più lunghe. All’estremità orientale le Valles Marineris formano una specie di curva a nord verso l’equatore e sboccano nella palude del cosiddetto «terreno di collasso caotico», un paesaggio accidentato e inframmezzato da blocchi rocciosi isolati, valli e fratture geologiche che lo rendono simile a uno dei gironi inferiori dell’Inferno dantesco.

Dal margine settentrionale di questa zona caotica emergono i profondi canali di Simud Vallis, Tiu Vallis e Ares Vallis (il modulo di atterraggio Global Surveyor della NASA sbarcò nella Ares Vallis il 4 luglio 1997). Tutti questi canali sono molto larghi e lunghi e percorrono il suolo di un immenso bacino noto come Chryse Planitia dove vengono poi raggiunti da altri canali, in particolare il Kasei Vallis, che sbuca dal nord della sezione centrale dei canyon Marineris ed è lungo 3000 chilometri.

L’aspetto sorprendente di questi canali, riconosciuto da tutti i geologi, è la loro origine: infatti, possono esser stati creati soltanto da inondazioni che spostarono ingenti masse d’acqua. Queste inondazioni fluirono dall’emisfero meridionale di Marte a quello settentrionale a grandissima velocità perché scorrevano a valle.

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Un pianeta spaccato in due

Uno dei grandi misteri di Marte è che ha due zone di rilievi montuosi perfettamente distinte e nettamente separate: gli altopiani meridionali, massicciamente craterizzati, che in gran parte si estendono a 2000 o più metri sopra il livello dato, e i basso-piani settentrionali relativamente lisci e senza crateri, la maggior parte dei quali giace ad almeno 1000 metri sotto il livello dato. L’altopiano e il bassopiano occupano approssimativamente un emisfero ciascuno, ma questi coincidono soltanto a grandi linee con gli attuali emisferi settentrionale e meridionale di Marte. Così spiega il geologo Peter Cattermole: «La linea di divisione che separa queste due zone elevate descrive un grande cerchio inclinato approssimativamente a 35 gradi rispetto all’equatore marziano».

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Le eccezioni principali alla topografia sotto il livello dato nel «basso» emisfero settentrionale sono il rigonfiamento di Elysium, completamente all’interno dell’emisfero settentrionale, e una larga parte del rigonfiamento di Tharsis, che scavalca la linea di divisione. Le eccezioni principali alla topografia sopra il livello dato nell’emisfero «alto» sono alcune parti delle Valles Marineris e due notevoli crateri, Argyre e Hellas, formati da impatti con comete o asteroidi. Argyre è profondo 3 chilometri e ha un diametro di 630 chilometri. Hellas è profondo 5 chilometri e ha un diametro di 2000 chilometri circa.

Questi crateri, insieme a un terzo, Isidis, sono i più larghi esistenti su Marte. Ma il pianeta possiede innumerevoli altri crateri con un diametro di 30 o più chilometri, molti dei quali, compreso uno al polo sud, sono mostruosamente grandi: superano infatti i 200 chilometri di diametro. Nel complesso, oltre a decine di migliaia di crateri più piccoli con il diametro che misura al massimo un chilometro, su Marte sono stati contati 3305 crateri larghi più di 30 chilometri.

E’ difficile spiegare perché 3068 di essi, cioè il 93 per cento, si trovi a sud della linea di divisione; soltanto 237 crateri di questa ampiezza sono stati trovati a nord della linea di divisione. Ugualmente curioso è il fatto che l’emisfero senza crateri sia tanto meno elevato (è infatti più basso di parecchie migliaia di metri) rispetto alla parte craterizzata.

La causa di questa divisione bassopiano-altopiano, come osserva il geologo Ronald Greely, «rimane uno dei principali problemi irrisolti di Marte». L’unica certezza è che a un certo punto della sua storia il pianeta fu afflitto da un cataclisma di dimensioni quasi inimmaginabili. Nel prossimo articolo indagheremo le cause e le conseguenze di questo evento catastrofico che, secondo un certo numero di scienziati, potrebbe anche esser stato la causa della scomparsa dell’atmosfera congeniale a Marte esistente in precedenza e delle sue abbondanti risorse di acqua allo stato liquido.

Acqua, acqua dappertutto

Da segni inconfondibili si deduce che molti dei crateri più grandi e profondi di Marte nel raggio di oltre 30 chilometri si sono formati quando il pianeta aveva un ambiente umido e caldo. Hellas, Isidis e Argyre in particolare hanno margini bassi e indistinti e il fondo piatto: queste caratteristiche, secondo molti autorevoli scienziati, dimostrano che la loro formazione risale a quando Marte aveva ancora un’atmosfera densa, era soggetto a una rapida erosione e possedeva un campo magnetico più forte che non oggi. Allo stesso modo sulla Terra crateri di grandi dimensioni scavati dall’erosione «possono integrarsi nel paesaggio in un periodo di alcune centinaia di anni al punto da diventare praticamente irriconoscibili dall’ambiente circostante».

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Marte probabilmente aveva un’atmosfera originaria con la stessa pressione in superficie che ha attualmente la Terra, e di conseguenza con una temperatura superficiale più elevata, al di sopra di quella del punto di fusione del ghiaccio. L”ipotesi è che l’atmosfera sia stata spazzata via da ripetuti impatti con asteroidi. Dal momento che la forza di gravità su Marte è molto debole, è facile, per la nube di vapore che si espande da un maggiore impatto, distruggere tutta l’atmosfera spaziale che si trova nei pressi.

La fine improvvisa di un ambiente lussureggiante

Benché scritto nell’arido linguaggio della scienza, le ultime scoperte riportate dalla sonda MRO sulla presenza di acqua corrente sulla superficie di Marte durante la stagione estiva, che il Pianeta Rosso un tempo può aver avuto un clima umido e relativamente caldo, e forse addirittura un ambiente adatto a forme di vita superiori, ma ribadisce anche che questo tipo di situazione sembra esser stato stravolto all’improvviso.

A chiara dimostrazione dell’esistenza di tempi in cui l’atmosfera marziana era più calda e umida, uno dei meteoriti studiati dalla NASA rivelò effettivamente un contenuto di alcuni milligrammi di acqua allo stato liquido (la gocciolina è ora conservata ed esposta in una fiala di vetro sigillata). Inoltre, è stato calcolato che su Marte, attualmente, «può esistere acqua ghiacciata nel sottosuolo fino a una profondità di 200 metri». Alcuni indizi fanno anche pensare che, a una certa profondità, vicino agli strati interni di magma fuso del pianeta, ci siano sorgenti calde sotterranee.

Uno degli aspetti più sconcertanti della geologia di Marte è il ruolo che l’acqua ha giocato nell’evoluzione del pianeta. Un’inondazione catastrofica diede forma alle sue pareti lisce e scavò anche «caverne sotterranee profonde molte centinaia di metri» e incise isole affusolate «a forma di goccia» lunghe, da un’estremità all’altra, 100 chilometri.

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L’inondazione procedeva molto velocemente: così rapidamente da fornire punte di portata di milioni di metri cubi al secondo. Neppure l’atmosfera densa della Terra può fornire acqua abbastanza velocemente da causare simili portate da aree di raccolta d’acqua di dimensioni analoghe. Soltanto i crolli delle dighe hanno causato flussi di macro-erosione significativi. Si è calcolato anche il volume di acqua necessario a tagliare i canali: doveva essere enorme. Peter Cattermole ritiene che sia stato pari a un oceano globale profondo più di 50 metri. Michael Carr del Geological Survey statunitense propende invece per qualcosa di simile a un oceano profondo 500 metri.

Un’altra grande inondazione avvenne nella Ares Vallis. Le fotografie inviate dal modulo d’atterraggio Pathfinder della NASA nel luglio del 1997 mostrano che, un tempo, questo immenso canale «era colmo di acqua ribollente per chilometri e chilometri».50 Michael Malin, scienziato ideatore del Pathfinder, afferma: «Deve esser stato imponente. Paragonabile al diluvio che riempì il bacino del Mediterraneo sulla Terra».

In diversi punti, su Marte, sono stati identificati depositi stratificati di materiali sedimentari dello stesso genere che si trova nei laghi terrestri più vasti. In alcuni luoghi questi depositi hanno uno spessore di 5000 metri, il che conferma non solo l’esistenza su Marte, un tempo, di un’atmosfera densa e calda in cui l’acqua poteva sussistere allo stato liquido, ma attesta anche che l’acqua dev’essere stata presente sul pianeta per un periodo di tempo particolarmente lungo durante il quale si sono verificati processi di sedimentazione simili a quelli della Terra. 

I litorali di Cydonia

È opinione generalmente condivisa che miliardi di anni fa prevalessero queste condizioni climatiche calde e umide. Tuttavia, secondo Harold Masursky del Geological Survey statunitense, su Marte vi fu acqua allo stato liquido «fino ad alcuni milioni di anni fa». In Gran Bretagna, Colin Pillinger e il suo gruppo si sono spinti oltre. Il loro studio dei meteoriti di Marte dimostra che l’acqua allo stato liquido e una forma di vita primitiva possono essere esistite sul Pianeta Rosso fino a 600.000 anni fa. Altri ricercatori, propendono per un lasso di tempo ancora più recente: un grande cataclisma avrebbe colpito Marte privandolo violentemente della sua atmosfera e dell’acqua meno di 17.000 anni fa!

Gli esperti sono sempre più inclini a credere che, oltre a laghi estesi, «un tempo, su Marte, forse esistevano anche delta e mari». David Scott del Geological Survey statunitense ha esaminato «canali sinuosi, sfioratori e sbocchi d’acqua, lidi, terrapieni, depositi e litorali» in un certo numero di bacini situati nelle regioni di Elysium, Amazonis, Utopia, Isidis e Chryse, e li ha attribuiti alla presenza di laghi e mari esistenti in precedenza.

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Ritiene che il bacino di Elysium un tempo fosse pieno d’acqua fino a una profondità di 1500 metri. Analogamente, Vie Baker e gli scienziati dell’Università dell’Arizona ipotizzano che un grande oceano ricoprisse, un tempo, buona parte dell’emisfero settentrionale e avvalorano la propria teoria con la prova dell’esistenza di antichi litorali nelle basse pianure settentrionali. Simili caratteristiche sono state riscontrate a una latitudine di 41 gradi nord e a una longitudine di 9 gradi ovest, e vicino alle cosiddette «piramidi» e al «Volto» di Marte nella regione di Cydonia.

Secondo un geologo dell’ambiente, James L. Erjavec, questa regione, che giace a nord-est di Chryse Planitia, include zone che hanno caratteristiche specifiche dei litorali, aree in cui c’è erosione e potrebbero verificarsi frane ai margini di un litorale e altre ancora in cui il materiale roccioso potrebbe esser stato eroso fin sotto la base della scogliera, e il sedimento si sarebbe riversato in esso. Alcune configurazioni provocate da erosione sono indizi sicuri della presenza, in passato, di acqua in quantità enormi. Ma a quando risalgano, nella storia di Marte, è ancora da verificare.

La superficie di Marte è un misterioso puzzle. Tra i suoi strati è scritta la storia della morte di un mondo. Può essere che non ci si debba inoltrare in un passato risalente a miliardi di anni fa e il destino che gravò su Marte, forse, non lasciò completamente indenne neppure la Terra. Continua…

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I misteri di Marte – Tracce antiche di vita e di civiltà – Seconda Parteultima modifica: 2012-11-23T00:00:00+01:00da kattolika177
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