Sebbene le tecniche degli oggetti tramite i fasci ottici esistano fin dal 1970, questa è la prima volta che si è riusciti a spostare degli oggetti, sebbene a livello microscopico, verso la sorgente di luce. Insomma, una scoperta degna di Montgomery Scott, l’ingegnere capo dell’Enterprise, anch’egli di origini scozzesi, tra l’altro!
I ricercatori dell’Università di St. Andrew e dell’Institute of Scientific Instruments (ISI) della Repubblica Ceca hanno trovato un modo per generare un campo ottico speciale capace di invertire in modo efficiente la pressione della radiazione luminosa sugli oggetti. La nuova tecnica potrebbe avere sviluppi molto importanti nel campo della medicina e della chirurgia.
Normalmente, quando luce e materia interagiscono, l’oggetto solido riceve una spinta dal fascio di luce, dovuta all’impatto con i fotoni. La forza della radiazione luminosa fu identificata per la prima volta nel 1619 da Johannes Keplero, che se ne rese conto osservando che la coda delle comete andava in direzione opposta al sole. Negli ultimi anni, i ricercatori si sono resi conto che, sebbene il fenomeno si presenti nella maggior parte dei casi, vi sono particolari condizioni in cui questa forza può essere invertita.
Individuando e ricreando queste condizioni, il gruppo di ricerca ceco-scozzese è riuscito a dimostrare la possibilità concreta di invertire il moto degli oggetti investiti dal fascio di luce, prospettando una serie di interessanti applicazioni fotoniche biomediche e, forse un giorno lontano, anche utilizzi nello spazio cosmico.
L’aspetto più interessante della ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Photonics, è che l’intensità della forza tende a cambiare a seconda delle specifiche proprietà dell’oggetto investito dalla luce, quali dimensione e composizione. In alcune strutture molecolari, il raggio si è mostrato più forte che in altre. La ricerca, pubblicata su Nature Photonics e condotto dall’Università di St. Andrews, al momento si limita a spostare particelle microscopiche.
“Le applicazioni pratiche potrebbero essere molteplici. Il raggio traente è capace di agire su specifiche particelle che compongono una miscela”, spiega il dottor Tomas Cizmar, dell’Università di St. Andew. “Potrebbe essere utilizzato per separare i globuli bianchi nel sangue, per esempio”.
“Tutta la squadra ha impiegato diversi anni su questo studio”, aggiunge il prof. Zemanek dell’ISI. “Sono fiero che i nostri risultati siano stati riconosciuti dalla comunità scientifica. Non vedo l’ora di eseguire nuovi esperimenti e applicazioni. Si tratta di un momento molto emozionante”.