Perché la democrazia occidentale si serve del controllo dell’informazione e del governo occulto?

manipolazione-opinione-pubblica.jpgNell’ultimo decennio, le democrazie occidentali, soprattutto quella vigente negli Stati Uniti, sono sembrate molto attive nel voler esportare il “modello democratico” in tutte le aree del mondo, quasi a voler rendere uniforme il regime politico che vige a Washington, Bruxelles o Tripoli.

L’impegno è stato, ed è ancora, tutto focalizzato su alcuni paesi del Medio Oriente, soprattutto Afghanistan e Iraq, scenari di guerre sanguinarie che non hanno ottenuto i risultati sperati. Anzi, il sospetto è che, in verità, il vero interesse dell’occidente è per le risorse energetiche più che per l’espansione della democrazia.

Allora, la domanda sorge obbligatoria: ma la democrazia è un bene esportabile? In realtà, la democrazia è soprattutto un fattore endogeno, che può avvenire o per concessione dall’alto (attraverso una democratizzazione guidata da una leadership politica convinta dell’apertura del sistema politico) oppure grazie a processi che vengono dal basso.

Ma se un paese occidentale ha bisogno di “esportare democrazia” per motivi economici mascherati da interessi filantropici e la guerra non è in grado di ottenere il risultato sperato, allora che cosa si potrà utilizzare? Ma è semplice: la propaganda!

Negli anni venti del secolo scorso. il confronto tra le principali ideologie in vigore, quali il comunismo bolscevico, il nazi-fascismo e la democrazia capitalista, si è combattuta a suon di propaganda. Al tema si dedicò Edward Bernays, il quale pubblicò nel 1928 il suo libro più famoso, “Propaganda. Della manipolazione dell’opinione pubblica in democrazia”, nel quale analizza i progressi del condizionamento dell’opinione pubblica grazie al miglioramento tecnico e alle raffinate tecniche per orientare le masse attraverso la radio, il cinema e la stampa.

Sebbene il libro sia stato scritto ben ottantacinque anni fa, Bernays giunge a delle conclusioni che si adattano perfettamente all’epoca contemporanea, tanto da assumere il sapore di profezia (o di programma?). [Disponibile su IBS].

copj170.asp?f=9788895962054Ben introdotto nelle alte sfere del governo americano, amico di Franklin Roosevelt e soprattutto della First Lady, nonostante Felix Frankfurter, membro della Suprema Corte di Giustizia, anche lui di origine austro-ebraica, lo accusasse di essere un “avvelenatore professionista dei cervelli della gente”, Bernays dominò a lungo la scena della comunicazione negli Usa ed è oggi considerato uno dei cento personaggi più importanti della storia americana. 

Le sue campagne che puntavano sulla “manipolazione” dell’opinione pubblica riscossero sempre un notevole successo, anche nei periodi difficili, come dopo la Grande crisi del 1929.

Attento ai mutamenti della sensibilità collettiva, pronto a coglierne le minime sfumature, sapeva utilizzare in modo sinergico durante una campagna pubblicitaria tutto ciò che poteva richiamare l’attenzione del pubblico, dai testimonial, alle nuove tecnologie come la radiodiffusione e, alle soglie degli anni 1940, la televisione, non dimenticando i media più tradizionali e quei fenomeni che potevano avere il maggior impatto sociale. 

In sostanza, Bernays afferma che, quando si tratta di politica, tutto è legato alla scienza della manipolazione e del controllo mentale, quasi come se ci fosse qualcuno nascosto a tirare i fili di una società marionetta. Basta leggere una frase di esempio come questa:

“Ci sono governanti invisibili che controllano i destini di milioni di persone. Non è possibile stabilire in quale misura le parole e le azioni dei nostri uomini pubblici più influenti siano dettate da persone sagaci operanti dietro le quinte”.

Sono parole che stupiscono per il loro tono cinico, provocatorio e controverso. Se queste cose le scriviamo noi sui nostri blog, veniamo tacciati con l’accusa di essere “teorici della cospirazione”.

“Coloro che sono dietro la quinte guidano i manipolatori di simboli, i governanti e i tecnocrati. Come cresce la complessità della civiltà e come la necessità di un governo occulto diventa, come dimostrato, sempre più necessaria, così i mezzi tecnici sono stati inventati e sviluppati in modo da irreggimentare l’opinione pubblica”.

Secondo Bernays, il cittadino di domani ha bisogno di essere standardizzato il più possibile. Questo tipo di sistema è stato istituito prima in America, poi in Europa occidentale e poi, con la caduta del muro, ovunque. Le ultime sacche di resistenza si trovavano nei paesi mussulmani, ma grazie alle armi e alla sapiente propaganda che ha inaugurato la cosiddetta “primavera araba”, presto anche queste saranno distrutte e polverizzate. La ragione è che tutti devono essere conformi:

“Da una qualsiasi fonte etica, sia esso un maestro, un ministro, il saggista preferito, o semplicemente l’opinione prevalente, tutti gli individui accettano un codice standard di condotta a cui si conformano la maggior parte del tempo”.

Leggendo il libro, sembra di sfogliare le pagine di un grande classico della fantascienza, 1984, nel quale George Orwell immagina una società futura dove regna in “Grande Fratello”, nella quale tutti gli uomini e le donne vivono come robot, standardizzati, tutti vestiti alla stessa maniera, tutti con le stesse idee, con lo stesso abito e con le stesse paure.

Per certi aspetti, il capitalismo è l’arma più potente per lo scopo della standardizzazione. Le “catene” di ristoranti, negozi, uffici, alberghi propongono uno standard culturale unico, così come le mode per l’abbigliamento e la standardizzazione delle notizie dei media.

Tutto questo ha soltanto uno scopo: educare la mente ad ottemperare: è uno sforzo continuo per pompare nelle nostre menti pareri politici, opinioni, il desiderio di un prodotto e migliaia di luoghi comuni, il vero sonnifero per la mente.

Anche la politica è diventata un semplice prodotto, come il sapone o la pasta. La stessa guerra è propagandata come un prodotto, di cui si decantano gli “scopi umanitari”. Oggi, grazie alla comunicazione di massa e al controllo emotivo delle persone è molto più facile creare una guerra, grazie allo schema azione-reazione. Scriveva Bernays nel 1928:

“I manipolatori dell’opinione patriottica devono far uso dei luoghi comuni e delle abitudini emotive del pubblico per produrre reazioni di massa contro le presunte atrocità, il terrore e la turannia del nemico”.

Ottantacinque anni dopo abbiamo avuto l’11 settembre, per esempio. E Barneys è assolutamente a favore dell’alfabetizzazione universale, che non è in grado di liberare le menti, ma al contrario crea cittadini più facilmente manipolabili:

“L’alfabetizzazione universale non ha dato una mente, ma burocrazia, slogan pubblicitari, editoriali, dati scientifici, la banalità dei tabloid e dei luoghi comuni della storia”.

Ora, invece, è il momento di promuovere il cittadino non-lettore, che sarà vittima della manipolazione grazie alla televisione e ai simboli utilizzati per il suo smartphone, l’onnipresente compagno trasmettitore di alienazione. In politica, Bernays non vede ragioni per essere più morbido:

“Ci siamo accordati, per motivi di semplicità e praticità, che le macchine di partito devono restringere il campo alla scelta di due candidati, o al massimo tre o quattro”.

Il mondo moderno è così diviso tra un’elite nascosta di manipolatori e da una grandissima massa di manipolati (felici di esserlo, a quanto pare), un branco di umanità vittima del controllo mentale globale:

“Ma è chiaro che sono le minoranze intelligenti che hanno bisogno di dare uso della propaganda continua e sistematica. Nelle minoranze attive che fanno proselitismo coincidono gli interessi egoistici e gli interessi pubblici che permettono il progresso e lo sviluppo dell’America”.

[Leggi: Ma chi governa realmente il mondo? L’elite che tira le fila della storia]

Sappiamo, invece, quanto possa essere crudele e irresponsabile questa elite attiva che fa proselitismo culturale. Basta guardare le condizioni dei paesi impoveriti, dell’ecologia e della grande massa di disperati che abita le città occidentali.

Va sottolineato il rilievo che per Bernays assume questo aspetto della lotta politica in cui dovrebbe emergere chi ha una spiccata personalità, una sorta di “carisma” attraverso il quale, per usare le parole di Max Weber: “egli si distingue dagli uomini comuni come se fosse investito di qualità o poteri soprannaturali, sovrumani o almeno particolarmente eccezionali, in base ad esse l’individuo in questione viene trattato come un leader”.

Ispirandosi a questo principio Bernays difende il forte ruolo simbolico, quasi mistico, che riveste la figura del presidente nella vita politica degli Stati Uniti, ma si fa anche in qualche modo il mallevadore di scelte politiche autoritarie. Un’indicazione che verrà più tardi raccolta e tradotta in Europa nella sua forma più radicale.

Perché la democrazia occidentale si serve del controllo dell’informazione e del governo occulto?ultima modifica: 2013-04-06T15:27:47+02:00da admin
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