Secondo il Centro previsioni climatiche del NOAA (agenzia Usa per gli oceani e l’atmosfera) la stagione degli uragani sull’oceano Atlantico, che inizia il primo giugno e termina il primo novembre, vede il 70% di probabilità di avere un numero di uragani superiore alla media.
Gli esperti prevedono dai tre ai sei uragani maggiori, classificati di categoria 3, 4 o 5 con venti superiori a 180 chilometri all’ora, quando in media ce ne sono tre all’anno come questi. Inoltre sono previsti altri quattro o cinque uragani di categoria 1 o 2, rispetto ai sei della media.
In tutto si prevedono dalle tredici alle venti tempeste che potrebbero arrivare a una forza tale da essere classificate con un nome (con venti di almeno 63 km/h) rispetto alla media di dodici (nel 2012 furono 19).
La previsione non è di poco conto. Basti pensare che l’uragano Sandy – quello che colpì la costa nord-orientale degli Stati Uniti alla fine dello scorso ottobre provocando danni per oltre 75 miliardi di dollari – aveva raggiunto la categoria due quando ‘atterrò’ con la sua forza distruttiva vicino ad Atlantic City, in New Jersey.
Proprio per questo l’agenzia Noaa avverte: l’impatto delle tempeste attese potrebbe farsi sentire al di là delle aree tipicamente associate a uragani e tempeste tropicali.
“Così come abbiamo visto con Sandy, è importante ricordare che venti forti, piogge torrenziali, allagamenti e tornado spesso mettono a rischio aree lontane dalle coste”, ha spiegato Kathryn Sullivan, a capo dell’agenzia.
I fattori che hanno portato gli scienziati a compilare queste previsioni sono essenzialmente tre:
1) il forte monsone sull’Africa occidentale, responsabile dell’aumentata incidenza degli uragani in Atlantico che è iniziata nel 1995
2) le temperature più calde della media nell’Atlantico tropicale e nel mar dei Caraibi
3) il fenomeno atmosferico chiamato El Niño – che attenua la formazione degli uragani – che non dovrebbe svilupparsi.
“Quest’anno le condizioni dell’oceano e dell’atmosfera nel bacino atlantico produrranno un numero maggiore di uragani e più intensi”, ha rimarcato Gerry Bell, capo dei previsori del Noaa. “Queste condizioni includono deboli variazioni dell’intensità e della direzione del vento (wind shear), acque dell’Atlantico più calde e venti provenienti dall’Africa”.