La vita si autoregola. E prima o poi si libererà di noi

pianeta-delle-scimmie.jpgSe la vita sul pianeta è un grande sistema che si autoregola per trovare il proprio equilibrio, c’è da aspettarsi che una specie fastidiosa e disturbatrice come la nostra prima o poi venga eliminata.

L’idea suggerita da James Dyke e Iain Weaver, ricercatori dell’Università di Southampton, e pubblicata su Plos Computational Biology, ripesca l’idea di Gaia proposta nel 1979 dallo scienziato inglese James Lovelock per dare forma a un modello computaz ionale piuttosto sofisticato.

Una trentina di anni fa, Lovelock propose, con il testo Gaia. A New Look at Life on Earth, l’ipotesi che nel nostro pianeta esistesse un equilibrio tra le sue condizioni geofisiche e le azioni dei suoi organismi viventi.

“Questo pensiero è stato a volte interpretato, sbagliando, con l’attribuzione alla Terra di un’intelligenza, o con la sua personalizzazione, come la Pandora del film Avatar”, spiega l’epistemologo Telmo Pievani.

“In realtà, l’idea di Lovelock era diversa. Si partiva dall’esistenza, in molti sistemi biologici, di meccanismi di autoregolazione per ipotizzare la loro presenza su scala planetaria, in un sistema ad altissima complessità come la biosfera”.

Rispetto all’ipotesi di Gaia, la nuova ricerca riprende “il fatto che la vita, da sempre, evolve assieme al pianeta”, continua Pievani. “Un esempio immediato è fornito dalla composizione dell’atmosfera: senza l’attività fotosintetica degli organismi di due miliardi di anni fa, che produssero l’ossigeno, quelli di oggi non potrebbero vivere”.

Orbene: i ricercatori di Southampton ritengono che la vita regoli se stessa procedendo secondo un modello cosiddetto a briglia, cioè con oscillazioni che progressivamente diminuiscono fino a cessare del tutto. L’effetto briglia, moltiplicato per migliaia di volte, sarebbe il sistema attraverso il quale la vita mantiene la propria stabilità.

Ma, come scrive Elisabetta Curzel su corriere.it, c’è un problema, anzi due. Il primo: il sistema funziona tanto meglio (nel senso che ha una maggiore resilienza, ovvero capacità di resistere alle perturbazioni) quanto più è complesso, ovvero quanto più sono le specie biologiche che ospita, e il numero delle relazioni tra di esse che riesce a mantenere.

“E in dieci millenni, ovvero dall’invenzione dell’agricoltura in poi”, racconta Pievani, “noi umani siamo riusciti ad annientare il 40-45% di tutte le forme viventi. Un’estinzione di massa, che ha impoverito enormemente il sistema”.

Il secondo problema: “il forcing climatico. La storia evolutiva ci insegna che il sistema resiste a perturbazioni anche per lunghi periodi, ma che esistono momenti drammatici in cui si supera una soglia dopo la quale è necessaria una riorganizzazione complessiva.

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Ciò che molti scienziati temono è la cosiddetta tempesta perfetta, un modello che noi umani stiamo seguendo mettendo assieme i peggiori parametri di impatto sul pianeta: il collasso della diversità biologica e il forcing climatico”, prosegue Pievani.

“Tutto ci spinge verso quella soglia, al di là della quale la vita, certo, troverà il modo di adattarsi nuovamente. Ma non è detto che il nuovo assetto preveda anche la nostra sopravvivenza”. La conclusione non è ottimista.

“Se allarghiamo lo sguardo”, conclude Pievani, “possiamo vedere che la Terra è stata molto più fredda e molto più calda di com’è ora, e non sempre adatta alla vita umana”. Niente oggi ci assicura che la Terra del futuro, spinta dalle nostre azioni a superare la soglia dell’attuale condizione di equilibrio, si riveli un posto adatto anche all’Homo sapiens.

La vita si autoregola. E prima o poi si libererà di noiultima modifica: 2013-06-21T10:11:19+02:00da admin
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