Nascoste tra le cime dell’Himalaya, esiste un luogo con circa 10 mila grotte artificiali scavate nella roccia viva a circa 60 metri d’altezza, in una gola così grande da superare di gran lunga il Gran Canyon.
L’impressionante numero di grotte si trova nel nord del Nepal, nel Distretto di Mustang, e rappresenta uno dei più grandi misteri archeologici del mondo.
Alcune di esse sono uniche, con un solo ingresso aperto su un vasto fronte di rocce frastagliate. Altre, invece, sono state realizzate in gruppo, una sull’altra, presentando accatastamenti verticali anche su nove livelli.
Gli archeologici non sanno chi le abbia costruite, né quale fosse la loro funzione. Inoltre, non si riesce a comprendere come facessero le persone a salire verso queste cavità realizzate a diversi metri dal suolo.
A metà degli anni ’90, archeologi provenienti dal Nepal e dall’Università di Colonia hanno cominciato ad esplorare l’interno delle grotte, trovando una dozzina di corpi umani, tutti antichi di almeno 2 mila anni.
Da allora, gruppi di ricercatori hanno continuato ad indagare le ‘Grotte di Mustang’. Coloro che hanno avuto la fortuna di visitare le misteriose grotte hanno raccontato di aver avuto l’impressione di trovarsi di fronte ad un gigantesco castello di sabbia.
Uno di questi è Cory Richards, un fotografo d’avventura, che insieme all’archeologo Mark Aldenderfer, allo scalatore Pete Athans e ad una squadra di esploratori, si è recato sul sito alla ricerca di reliquie nascoste e grotte inesplorate. “Onestamente, quando sono arrivato mi sono reso conto che il sito è più grande di qualsiasi cosa abbia mai potuto immaginare”, racconta Richards.
In alcune cavità sono stati rinvenuti diversi murales e manoscritti che illustrano la storia buddista. I ricercatori pensano che l’utilizzo delle grotte di Mustang sia divisibile in almeno tre periodi.
Le grotte venivano utilizzate già nel 1000 a.C. come camere funerari. Ma non si esclude che le cavità siano state utilizzate successivamente dalle antiche popolazioni locali come rifugio in caso di attacco.
La maggior parte delle grotte, infatti, risulta essere vuota, anche se in alcune di esse sono stati trovati segni di vita domestica: focolari, attrezzi e contenitori.
Richards è entusiasta dell’esperienza vissuta. Come egli stesso afferma, cercherà di trasmettere la bellezza delle Grotte di Mustang con la sua attività di fotografo: “Essenzialmente, alla fine di questa esperienza, ciò che per me è stato illuminante è il connubio tra scienza, esplorazione e cultura”, conclude il foto-esploratore.