Ecco come è l’Antartide sotto lo strato di ghiaccio

antartico-01.jpgLa si potrebbe definire ‘la terra degli eccessi’: il continente più freddo, più secco, più ventoso, più elevato del mondo. Anche se si trova isolato alla ‘fine del mondo’, l’Antartide è uno dei continenti che più influisce sull’andamento climatico del nostro pianeta. 

Le sue proporzioni sono enormi; le cifre possono apparire aride, ma rendono l’idea: l’Antartide copre 5,4 milioni di miglia quadrate, equivalenti al 10% della superficie emersa della Terra, che corrispondono grossomodo all’estensione degli Stati Uniti e del Messico insieme, ma durante l’inverno australe il ghiaccio marino porta il continente a più del doppio della sua grandezza.

Ma l’Antartide è anche uno dei deserti più aridi della Terra. Per il 99%, l’Antartide è coperta da una perenne coltre di ghiaccio che ha uno spessore medio quasi di due chilometri; in alcuni punti, lo spessore è quasi di quattro chilometri. Il 90% del ghiaccio ed il 70% dell’acqua fresca esistenti al mondo sono serrati in questa massa di ghiaccio.

Con i suoi ghiacciai imponenti, l’Antartide esibisce scenari mozzafiato. Gli scienziati, però, sono preoccupati per le conseguenze che i cambiamenti climatici in atto possano avere sui ghiacciai del Polo Sud. Per sapere esattamente in che modo si comporterà il ghiaccio con il cambiare delle condizioni climatiche, i ricercatori devono sapere cosa c’è sotto la calotta.

Grazie ai dati raccolti dal satellite ICESat della NASA e dalla missione IceBridge Operation, i ricercatori del British Antartic Survey hanno realizzato una mappa precisa e dettagliata della regione meridionale del continente antartico sepolta sotto la coltre di ghiaccio. La mappa è il risultato di decenni di raccolte dati e di misurazioni geofisiche.

“Al fine di simulare accuratamente la risposta dinamica delle lastre di ghiaccio alle mutevoli condizioni ambientali, come la temperatura e l’accumulo di neve, abbiamo bisogno di conoscere  la forma e la struttura della roccia sotto le lastre di ghiaccio in grande dettaglio”, ha spiegato Micheal Studinger, del progetto IceBridge e scienziato della Nasa.

Conoscere la morfologia del substrato roccioso è fondamentale, in quanto influisce sulla modellazione del ghiaccio, determinando la sua forma e suoi movimenti. Chiaramente, il ghiaccio si muoverà più velocemente in discesa, mentre in salita o su un terreno accidentato si muoverà più lentamente.

“La forma del substrato è l’incognita più importante e che maggiormente influisce sulla dinamica del ghiaccio”, ha spiegato Sophie Nowichi, scienziata della NASA esperta in ghiacciai.

“I ghiacciai si sviluppano a causa della neve e si comportano come il miele versato su un piatto, diffondendosi verso l’esterno a causa del suo stesso peso. Il movimento del miele è influenzato dalla forma del piatto”. [Fonte].

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Antartide senza ghiacci

L’Antartide non è sempre stata gelata: sotto l’altissima crosta di ghiaccio c’è un vero e proprio continente sepolto, ricco di giacimenti di oro, rame ed uranio; si è trovato persino carbon fossile, segno che una volta questo continente godeva di un clima mite ed era ammantato di grandi foreste.

La sua storia è antichissima. Centocinquanta milioni di anni fa, la superficie della Terra era dominata dal sovracontinente Gondwana. Con i movimenti tettonici che fecero spostare i grandi piani costituenti quest’enorme massa di terra, cominciarono a muoversi i continenti e, circa trentasette milioni di anni fa, iniziò a formarsi il Canale di Drake tra l’America Meridionale e l’Antartide. Ebbe così il primo palpito di vita il grande ecosistema antartico.

La scoperta e l’esplorazione umana dell’Antartide sono, per così dire, storia ‘dell’altro ieri’, conseguenze dei viaggi marittimi che dal 1500 al 1800 fornirono la configurazione generale delle terre e dei mari, permettendo poi l’esplorazione scientifica e metodica degli interni.

Le grandi scoperte di Colombo e i viaggi di Magellano, di Vasco da Gama e di Bartolomeo Diaz avevano dato enorme impulso ai commerci europei che da mediterranei si erano trasformati in oceanici, ma la geografia continuava a rimanere ancorata alle posizioni tolemaiche e resisteva, inconsapevolmente quanto tenacemente, alla sua elevazione a scienza.

Uno dei problemi più affascinanti era quello dell’esistenza della Terra Australis, il grande continente che tutti credevano dovesse esistere al Sud, non perché ci fossero prove della sua esistenza, ma soltanto perché si continuava a credere alle congetture di Tolomeo e alle idee di simmetria terrestre che gli Alessandrini avevano derivato dai Greci.

Inoltre si affermava che la Terra Australis doveva assolutamente esistere come contrappeso meccanico al continente euroasiatico. Come spesso accade, idee false portavano a risultati veri: l’Antartide, in effetti, esiste, anche se nelle vecchie mappe geografiche quella che era definita Terra Australis Incognita (Terra Meridionale Sconosciuta) veniva immaginata ben più estesa del già esteso continente antartico.

Magellano, affermando che la Terra del Fuoco faceva forse parte del misterioso continente australe, aveva dato nuova esca a quelle fantasie, anche se il successivo viaggio di Francis Drake doveva provare la falsità di quella teoria con la scoperta, nel 1578, dello stretto (dedicato al suo nome) che si stende fra Capo Horn e la Terra di Graham (Antartide).

Nei secoli successivi, numerosi viaggi scoprirono molte isole e terre dell’Oceano Pacifico e, provando che la Nuova Guinea non era unita all’Australia, diedero un grave colpo alla teoria della Terra Australis. La prova scientifica e definitiva della falsità della teoria fu data dall’Inglese James Cook che il 17 gennaio 1773 attraversò, primo fra tutti, il Circolo Polare Antartico senza trovare traccia di terra.

Il 30 gennaio dell’anno successivo lo passava ancora e non trovò nessuna terra; poté così affermare che la Terra Australis o non esisteva, o aveva dimensioni molto più piccole di quanto fino allora si era creduto.

Il 7 febbraio 1821, l’Americano John Davis sbarcò con alcuni uomini nell’attuale Baia di Hughes: è il primo sbarco che la storia ricordi sul continente antartico, su quella che era definita “la terra di nessuno”. Davis scrisse nel suo diario: “Penso che questa terra meridionale sia un continente”.

Successivamente vari esploratori affrontarono altri viaggi, anche servendosi di navi appositamente costruite per resistere alla pressione dei ghiacci, scoprendo nuove coste, terre ed isole.

L’interesse per quelle fredde terre si accrebbe dopo il 1890 per due importanti, anche se contrastanti, ragioni: da un lato, gli scienziati si convinsero che lo studio delle terre australi li avrebbe aiutati a meglio comprendere la formazione dell’Universo e della Terra; dall’altro lato, i grandi balenieri si rivolsero alle balene antartiche per sperimentare i nuovi metodi di caccia a quel ricco cetaceo.

Il primo esploratore del continente antartico fu l’Inglese Robert Falcon Scott (la prima spedizione si ebbe tra il 1901 e il 1902), ma l’onore di aver raggiunto per primo il centro del continente va al Norvegese Roald Amundsen che, partito dalla Baia delle Balene nell’ottobre del 1911, il 14 dicembre dello stesso anno con cinque compagni raggiunse il Polo Sud, dove trascorse tre giorni per fare accurati controlli della posizione conquistata.

La spedizione fu un modello di organizzazione e Amundsen provò che i cani eschimesi erano il miglior traino per le slitte. Circa un mese dopo, il 17 gennaio 1912, il Polo Sud fu raggiunto anche da Robert Falcon Scott e da quattro suoi compagni; essi videro sventolare la bandiera norvegese e capirono d’essere arrivati troppo tardi.

Tragico fu il viaggio di ritorno; fiaccati dalle continue tempeste, perirono sulla nave che doveva riportarli in patria; nel novembre di quello stesso anno furono recuperati i corpi degli esploratori, i loro diari, le raccolte scientifiche e le note.

Ben presto per l’esplorazione dell’Antartide si passò all’impiego su vasta scala dei mezzi aerei. Il capitano statunitense Richard Evelyn Byrd sorvolò il Polo Sud il 28 novembre 1929 a bordo di un monoplano. Fu nel corso di questa spedizione che Byrd fondò la ‘città’ antartica di Little America nelle vicinanze della Baia delle Balene, che fu la base delle sue successive spedizioni.

Dal 1933 al 1935 guidò una seconda spedizione nel corso della quale visse, da solo, in una capanna circa duecento chilometri a Sud di Little America, dal 25 marzo al 15 agosto 1934; durante questo periodo, malgrado l’insonnia, la debolezza e i disturbi provocati dalle esalazioni di una stufa ad acetilene, l’esploratore raccolse numerosi ed importanti dati meteorologici e fece interessanti osservazioni sulle aurore polari.

Sotto la sua direzione, nel 1939 venne fondato negli Stati Uniti il Servizio Antartico che in quello stesso anno organizzò una grande spedizione articolata in due basi: la Little America III situata ad otto o nove chilometri dalle prime due Little America (sorte da precedenti spedizioni), e la East Base stabilita nei pressi della penisola di Palmer.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale le esplorazioni dell’Antartide ripresero nuovo vigore grazie all’istituzione di organismi dedicati a questo scopo, non solo ad opera degli Stati Uniti: le spedizioni (alcune con grande impiego di elicotteri, o con la partecipazione di più di mille persone) permisero di percorrere e fotografare la maggior parte delle coste antartiche e di disegnare carte precise di molte regioni fino allora ignote.

In occasione dell’Anno Geofisico Internazionale (1957-1958), imponenti forze scientifiche di Unione Sovietica, Stati uniti, Belgio, Francia, Gran Bretagna, Cile, Argentina, Nuova Zelanda, Norvegia, Sudafrica, Giappone, Australia furono impegnate nello studio del continente, che per tutto il 1956 era stato oggetto di un intenso incrociarsi di viaggi che avevano lo scopo di scegliere i luoghi adatti alla costruzione di stazioni scientifiche con relative piste di atterraggio e di decollo.

Tra gli osservatori c’erano anche tre Italiani: il tenente di vascello Franco Faggioni venne distaccato presso la Base di Scott, mentre Silvio Zavatti e Giorgio Costanzo riuscirono a sbarcare nell’isola Bouvet e a fare alcune osservazioni meteorologiche. Negli anni successivi numerose stazioni scientifiche proseguirono le osservazioni iniziate nel 1956, mentre spedizioni in slitte ed aeree continuarono ad esplorare l’interno del continente.

Nel 1959, in un clima entusiastico di buona volontà a livello mondiale generato dall’Anno Geofisico Internazionale, venne firmato il Trattato Antartico, entrato in vigore due anni dopo: con esso, le sette Nazioni aventi diritto sull’Antartide (oltre gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, che dichiaravano ‘fondate’ le loro rivendicazioni) si astenevano dallo spingere al massimo i loro istinti territoriali, vedendo il continente come parco scientifico e riconoscendone il valore e al contempo la fragilità che sarebbe potuta diventare rottura se si fosse permesso uno sfruttamento commerciale potenzialmente dannoso. [storico.org]

Ecco come è l’Antartide sotto lo strato di ghiaccioultima modifica: 2013-06-12T09:04:30+02:00da admin
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