La strana nueroscienza dell’immortalità: lo scienziato che vuole impiantare il suo cervello nel corpo di un robot

neuroscienza-robot.jpgIn un seminterrato del Palazzo delle Scienze all’Università di Harvard, c’è una porta contrassegnata da un cartello con su scritto: “Attenzione: materiale radioattivo”. Nella stanza protetta da questa porta, è possibile incontrare austeri ricercatori dalle espressioni serie e con i guanti gialli.

Tra questi c’è Kenneth Hayworth, un ex giovanotto alto e magro, vestito con un jeans blu scuro, una polo blu e delle scarpe da ginnastica grigie. Al vederlo, si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad un uomo che dorme poco e mangia meno. Hayworth ha trascorso gran parte degli ultimi anni in una stanza senza finestre a sezionare cervelli in fettine molto sottili.

E’ conosciuto nell’ambiente come un uomo molto curioso e, intellettualmente, molto disinvolto, noto anche per frasi tipo: “La razza umana, prima o poi, sarà in grado di preservare il cervello dalla morte del corpo, collegarlo ad un computer e, infine, agganciarlo al corpo di un robot”.

In questa spericolata operazione, egli vorrebbe che il cervello fosse il suo: a sentirlo, si dichiara disponibile a mettere i suoi 100 miliardi di neuroni e più di 100 trilioni di sinapsi, in una boccia di cristallo, prima che muoia di morte naturale. Perchè? Ken Hayworth è convinto di poter vivere per sempre. Ma prima deve morire!

“Se il vostro corpo smette di funzionare, questo comincia a mangiare se stesso”, spiega il ricercatore. “Quindi bisogna inibire gli enzimi che distruggono i tessuto.

Se tutto va secondo i piani”, continua allegramente, “fra pochi anni sarò in grado di collegare la mia coscienza ad un computer e, in ultima istanza, entro il 2100 saremo in grado di trasferire il contenuto di un cervello biologico, in uno uno basato sul silicio”.

Queste sono affermazioni che uno si aspetta di leggere in un libro di fantascienza e non dalla bocca di un ricercatore di Harvard. Le affermazione e le ricerche, di Hayworth ricordano chiaramente il famigerato dottor Frankstein dell’omonimo romanzo di Mary Shelley del 1818.

“Ci sono alcuni che dicono che la morte è solo una parte della condizione umana, per cui dovremmo serenamente abbracciarla. Io non sono uno di questi”, afferma spesso Hayworth.

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Molti studiosi, considerano le convinzioni di Hayworth sull’immortalità, nella migliore delle ipotesi, come una deviazione eccentrica, troppo stupida per essere presa sul serio. Ma per Hayworth è solo una questione di tempo:

“Se 100 anni fa qualcuno avesse detto in giro che un giorno avremmo avuto satelliti in orbita e piccole scatole sulle nostre scrivanie in grado di comunicare con il mondo intero, sarebbe stato preso per folle”, continua Hayworth.

“Fra cento anni, i nostri discendenti si chiederanno come mai abbiamo impiegato tanto tempo per abbracciare l’immortalità. I nostri nipoti diranno che siamo morti per malattia cardiaca, cancro o ictus, ma che siamo morti pateticamente per ignoranza e superstizione”.

Ecco come Hayworth immagina la procedura di conservazione del suo cervello. Prima di diventare troppo vecchio, organizzerà un party di addio con i suoi parenti e amici, per poi dirigersi verso l’ospedale dove comincerà la procedura.

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Lì sarà sottoposto ad anestesia, con un cocktail di dostanze chimiche che oltre ad ucciderlo all’istante, permetterà anche l’inibizione degli enzimi che deteriorano il tessuto celebrale. Poi gli saranno iniettate delle dosi di metalli pesanti colorati, in modo da rendere visibili al microscopio le sue membrane cellulari.

Il cervello verrà prosciugato di tutta l’acqua e il midollo spinale sostituito con della resina plastica. Ogni neurone e sinapsi del suo sistema nervoso centrale sarà protetto a livello nanometrico.

cervello-robot.jpgDopo di che, il suo cervello verrà tagliato in strisce e poi studiato al microscopio elettronico per realizzare la mappa precisa delle sue connessioni sinaptiche.

Dopo 100 anni, o giù di lì, gli scienziati saranno in grado di determinare la funzione di ogni singolo neurone e sinapsi e programmare una simulazione al computer della sua mente, grazie alla quale, potrà dare vità ad un corpo robotico precedentemente realizzato.

“Questa procedura non è qualcosa che tutti dovrebbero fare”, afferma Hayworth. “Ma è qualcosa che tutti dovrebbero avere il diritto di poter fare”. 

Hayworth è consapevole di sfiorare il ridicolo con le sue affermazioni, anche perchè a queste condizioni non si può parlare di immortalità, ma di una simulazione di vita.

Ma l’eccentrico ricercatore non si lascia turbare dal sarcasmo dei colleghi che lo hanno relegato in un angolo del mondo accademico. Pare inoltre che l’Università di Harvard sia in procinto di prendere decisamente le distanze dalle ricerche di Hayworth.

Ma egli si dichiara fiducioso nemma marcia del progresso. Hayworth è un ex dipendente del Jet Propulsion Laboratory della NASA. E’ stato proprio lì che gli è venuta in mente la stravagante idea di simulare la sua coscienza in un computer. Nel 2003 ha lasciato l’agenzia spaziale americana per iniziare gli studi presso l’Università della Southern California.

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Non c’è dubbio che le ricerche di questo eccentrico personaggio aprono inquietanti interrogativi. Affermare che, sostanzialmente, non c’è differenza tra un computer e un cervello umano è una prospettiva che riduce l’umano alla pura esistenza biologica, collegando l’esperienza umana, fatta di ingegno, fantasia, creatività ed emotività, all’attività neuronale.

Rimane la grande domanda esistenziale sul mistero della vita umana: la mente è un fenomeno che emerge dalle cellule nervose, oppure è una realtà che esiste a prescindere dal corpo? Lo stesso Hayworth, ad un certo punto, è costretto ad ammettere: “Può darsi che impariamo così tanto che perdiamo parte della nostra umanità, perchè sappiamo troppo. Cerco di non pensare troppo a questa cosa, perchè sento che potrei impazzire”.

La strana nueroscienza dell’immortalità: lo scienziato che vuole impiantare il suo cervello nel corpo di un robotultima modifica: 2013-04-16T06:29:54+02:00da kattolika177
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