Svelato il mistero del “Canto delle Dune”, il suono emesso dal deserto

canto-delle-dune.jpgSin dall’antichità studiosi ed esploratori erano rimasti incantati dai suoni che talvolta emanavano dalle dune del deserto.

Il vento li diffondeva e nessuno ne riusciva ad individuare la vera origine. Nel corso dei secoli in molti hanno tentato di trovare una spiegazione scientifica al fenomeno ma l’unica certezza a cui si era giunti era quella che tali suoni si generassero soltanto in presenza del vento e che probabilmente fosse proprio questo a causarli. Ma in che modo, ancora nessuno era riuscito a spiegarlo. Come poteva il vento che spirava tra le dune fare sì che queste cantassero?

Il canto delle dune, un suono basso simile a un gemito o a un ronzio, è stato per secoli oggetto di interesse. Ha affascinato Marco Polo durante i suoi viaggi e ha incuriosito Charles Darwin: nei suoi racconti di viaggio in Cile ha scritto che i cittadini della valle di Copiapó avevano soprannominato una collina di sabbia «El Bramador» per i gemiti che emetteva quando la sabbia scorreva lungo il pendio.

Ma solo a partire dalla fine del XIX secolo sono state realizzate osservazioni scientifiche, che hanno fatto luce sulla voce del deserto: in primo luogo, non tutte le dune cantano, ma tutte quelle che lo fanno sono composte da sabbia asciutta e ben ordinata.  E in secondo luogo, il suono è generato spontaneamente quando la sabbia scivola verso il basso su un fianco della duna, a causa dell’azione del vento o del calpestio.

Inoltre, mentre alcune dune hanno la capacità di emettere un suono fino a 110 decibel, a una frequenza ben definita, altre invece intonano più note contemporaneamente. Lo rivela uno studio, condotto sia sul campo sia in laboratorio, dai ricercatori dell’Università Paris Diderot e pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters.

Per capire a cosa sia dovuta questa differenza, il fisico Simon Dagois-Bohy ha registrato «in presa diretta» il canto di due dune: una vicino Tarfaya, città portuale nel sud-ovest del Marocco, e una nella città costiera di Al-Askharah nel sud-est dell’Oman. In Marocco, la sabbia canta in sol diesis, costantemente a 105 hertz circa.

La duna dell’Oman, invece, «canta molto bene, ma è impossibile identificare una singola frequenza»: genera infatti una cacofonia, emettendo più suoni in ogni possibile frequenza tra 90 e 150 hertz, ovvero dal fa diesis al re. A quanto pare, il suono emesso, o meglio le caratteristiche spettrali molto diverse dipendono dalla dimensione dei granelli di sabbia.

Una duna composta da granelli polidispersi produce uno spettro acustico molto ampio e rumoroso, mentre una duna di grani più omogenei produce una frequenza ben definita. La duna dell’Oman è formata infatti da granelli il cui diametro varia dai 150 ai 310 micron (milionesimi di metro): una gamma molto più ampia rispetto alle controparti marocchine, dalle dimensioni di 150-170 micron.

Anche dalla verifica in laboratorio è emerso che è la loro dimensione a determinare la frequenza delle note. In laboratorio i ricercatori hanno ricreato, infatti, mini-valanghe in miniatura, con 50 chili di sabbia raccolti dalla duna del Marocco e 150 chili dalla duna di Al-Askharah, e ne hanno registrato il suono. La sabbia della penisola dell’Oman è per natura più rumorosa, ma setacciando solo i granelli dal diametro tra i 200 e 250 micron, anche questa sabbia ha emesso un tono ben definito: una sola nota a circa 90 hertz.

«Questo suggerisce che la granulometria è un fattore importante nel determinare il canto delle dune», spiega Dagois-Bohy. «La frequenza del suono», aggiunge, «non dipende dalla dimensione o dalla forma della duna, né dalle vibrazioni negli strati di sabbia sottostanti provocati dal movimento della sabbia in superficie, ma dal diametro dei singoli granelli».

Che, in base alla dimensione e al modo in cui scivolano sulla superficie, possono dare origine a uno spettro acustico ampio e rumoroso oppure a frequenze specifiche e ben definite. Il suono infatti è prodotto dal moto sincronizzato dei singoli granelli.

Le dune formate da granuli di dimensioni diverse producono una gamma più ampia di note contemporaneamente, perché diversa è la velocità alla quale i diversi granelli scivolano verso il basso durante una valanga. Se la duna invece è formata da granelli della stessa dimensione, i flussi di sabbia si muovono a velocità più sincrone, e il suono si restringe a tonalità specifiche.

«Ancora non è chiaro come il movimento dei flussi di sabbia si traduca in suoni simili alle note musicali», sottolinea Dagois-Bohy. «Un’ipotesi è che i granelli di sabbia che scorrono sincronizzati vibrino all’unisono. E le migliaia di vibrazioni spingono l’aria come la membrana di un altoparlante». [Fonte].

Svelato il mistero del “Canto delle Dune”, il suono emesso dal desertoultima modifica: 2012-11-22T15:54:00+01:00da admin
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